’80 sfumature di passato.

Da bambino guardavo ritorno al futuro, e non i pokemon, ascoltavo i Kool and The Gang, e non Fabri Fibra. L’impatto con la cultura che mi hanno trasmesso i miei genitori è stato devastante ma fenomenale. Titubavo si, ma quando mi si è aperto quel mondo davanti, beh, me ne sono innamorato. Musicalmente e forse anche concettualmente sono nato nell’epoca sbagliata. La mia, è l’anima intrappolata di Freddy Mercury, quella di David Bowie, quella degli Spandau Ballet, quella dei Simple Minds, quella dei Duran Duran, quella dei Dire Straits, quella dei Simply Red, quella degli Wham!, quella dei Pink Floyd, quella di Bruce Springsteen e tanti altri, che invano cerca di uscire dal 2015, cerca disperatamente di tornare nel 1985 a sorseggiare una Pepsi davanti a un videogioco di Pacman. Magari in un bar con jukebox per i 33 giri, 2mila lire ed ecco che ci sarà sempre un nuovo ballo. Magari in uno di quei bar dove si poteva ancora fumare dentro. Pacchetto di marlboro rosse da una parte, chiavi della Fiat Uno Turbo dall’altra. E di fronte i sorrisi, gli scherzi e le risate degli amici. I miei migliori amici. Senza dimenticare tutti gli eccessi degli anni 80, dalle esagerazioni di Boy George alla compostezza di Tony Headley, passando per la chitarra di Clapton e la voce di Michael Jackson. Le auto turbo, le innovazioni stravaganti come il telefono cellulare, le acconciature colorate degli anni ’80 non hanno un prezzo. Gli anni in cui l’Italia vinse il mondiale in Spagna (’82), gli anni in cui non esisteva il casco, non esisteva l’iPhone, non esisteva la Playstation, ma esisteva solo la vespa, per scappare, viaggiare, amare. Gli anni in cui nelle spiagge l’estate bastava un pallone per organizzare il proprio mondiale, per diventare anche solo per qualche ora “il Cabrini, il Tardelli, il Paolo Rossi” ed esultare emulando i propri idoli. Gli anni ’80 ci hanno trasmesso questo, eccessi, passioni, musica, la voglia di spingersi oltre, di raggiungere gli idoli. Perché scrivo tutto questo? Perché chi non vorrebbe essere Marty McFly? Magari in sella ad una vespa fumando un’altra marlboro rossa, magari andando a vedere Italia – Brasile al bar con gli amici. Io vorrei tutto questo. O forse l’avrei voluto.
Quando qualcuno inventerà la macchina del tempo andrò a vivere negli anni ’80. Ora non posso dire nient’altro. Posso immaginarli, ovviamente non avendoli vissuti,  posso solo constatare che se io non sono negli anni ’80, loro sono in me.

In fin dei conti non ce l’ho con la mia epoca musicale. Anzi a volte la adoro proprio.
Gli anni 2000 altro non sono che un eterno revival di quanto già stato detto in passato, la prosecuzione del discorso.
I nostri fratelli maggiori del resto hanno colto gli ultimi residui delle varie mode etichettate il più delle volte come “nu” qualcosa; un nuovo reazionario che non faceva paura ma che tranquillizzava e metteva a proprio agio chiunque fosse alla ricerca di una propria identità innescando gli effetti della degenerazione totale delle etichette.
Se il contesto dei primi anni 2000 era questo (qualunquismo mode on) che ben venga allora la voglia di contaminare e di sperimentare anche se ciò significa attaccarsi all’ispirazione di altri ed essere destinati a rimanere in un anonimato per privilegiati… Non è un problema.

Un tempo però era diverso, un tempo inventarsi qualcosa di nuovo non era un gioco

Gli anni ’80 aprono l’epoca postmoderna: i consumi si iscrivono nella sfera dei desideri e delle fantasie e non più in quello delle utilità. La nuova generazione vuole il sogno e lo vuole hic et nunc.
Il disagio però solitamente non è sotto la luce dei riflettori… nelle retrovie la situazione è ben diversa.

Sembra che un gigantesco “Ci siamo rotti il cazzo” esploda come un ordigno sulla faccia di chi nel grande comunicatore e nella dama di ferro (i NOFX li chiamerebbero Ronnie e Mags) ci aveva creduto e confidato. La realtà non è quella che pensate voi miei amici conservatori, noi siamo stanchi:
(https://www.youtube.com/watch?v=302oEzSPCqE)

La rivoluzione del costume degli anni ’80 parte dalla distruzione degli archetipi e l’hardcore con il suo incedere profano e nichilista sarà il capostipite delle (innumerevoli) avanguardie in tal senso: le canzoni erano brevissime, scarsissime nelle composizioni,veloci e iper-dirette nel loro essere così dannatamente minimaliste.

Una rivoluzione che dava l’idea a tutti di potersi approcciare senza timore reverenziale a un ondata di aria fresca che portava con se il rancido odore dei sobborghi in cui cresceva il malcontento giovanile, oppresso da un sistema [politico (repubblicano) e sociale] che si riversava in dei testi violentissimi che cercavano di riportare tutti quanti con i piedi per terra per far capire quale fosse la situazione.

I Minor Threat aprono la loro carriera con il miglior F# della storia.

Gli Adolescents buttano un album che è un continuo horror vacui traccia dopo traccia e che raggiunge la perfezione in un “I hate em all” tanto irripetibile quanto autoreferenziale.

I Black Flag spremeranno fino all’ultimo la loro creatura tra una dissonanza di Finn e un comizio di Rollins.

I Descendents uniscono tanta ignoranza e rabbia a un approccio più gioviale al genere che butterà le basi per tutto ciò che ci sarà nelle decadi a venire.

I 7 Seconds sono la testimonianza di come si possa prendere sul serio una certa cosa senza annullare la propria personalità ma continuando ossessivamente a preservare se stessi a servizio della fantasia e della creatività.

OK. Non serve fare una monografia del genere, non è questo lo scopo.
Parlare dell’hardcore si tratta di parlare di solo una facciata degli anni ’80, la più disagiata e approssimativa di sempre ma forse anche la più rivoluzionaria (si lo so mi sto ripetendo), un fenomeno relegato nell’underground che nasce e muore lì.
Poco importa se mancava il talento, l’unica cosa che importava era arrivare dritti al cuore riducendo tutto all’osso.

Anche oggi parlare di HC significa parlare di un’istituzione la cui eredità è stata fondamentale per gran parte della musica che verrà dopo e come detto all’inizio.

Forse un po’ mi dispiace non avere avuto i Black Flag, però ho avuto i Touchè Amore. Le cose sono cambiate, e i 30 anni di distanza si sentono tutti, ma l’anima è la stessa di sempre e il senso di sperimentazione non è poi così lontano.

                                                                        in fin dei conti Vabbenecosì.


                                                                         @Millstone & @Humanrich

Sabato sera con le calze smagliate.

Bottiglie rotte, occhi lucidi, camicie a quadri.

Scendete anche voi in città da quel che vedo, scendete anche voi nel precipizio che puzza di birra e fa venire il prurito alla schiena. Non potete dirmi di no, io vi ho visto! Sabato sera eravate tutti lì, in gruppetti, comitive, le famose comitive di cui a volte vi fate scudo, e altre volte infangate con uno sputo. Eravate ben disposti, devo dire la verità: tutti in fila, in cerchio, a rombo, mani sulle spalle, sorrisi infiocchettati, a braccetto, col braccialetto dell’amicizia. Mi piaceva osservarvi:

C’è un gruppo di donne under 16 con le calze smagliate, ma non importa, ora è trendy.
Vaglielo a dire a quell’altro gruppetto di ragazzine. Over 40 stavolta. Corrono sui tacchi per raggiungere in fretta la macchina, nascondendo una loro amica con un cappotto lungo nero, che ha vergogna di indossare una calza smagliata.

Una mandria di persone si offre la birra a vicenda, cin cin, alla salute, la tua, la mia, la nostra.
-“oh! Cazzo, ti ho sporcato la scarpa, vabe’ è schiuma, si leva”.
– Ma che dici, me la da quella, se le offro un cicchettino?
“Magari si, magari no, offrile la tequila, magari si ubriaca”

A volte mi stanco ad osservare però, anche perché è difficile poter scrivere e memorizzare tutto, come ad esempio la scena in cui la ragazza a cui si era rotto il braccialetto, girava chinata come una gallina, alzando i piedi a tutti, per trovare tutti i pezzi, ormai finiti chissà dove.

Oppure il ragazzo che aveva una camicia jeans, ed il suo sesto bottone era sbottonato, ma nessuno ci aveva fatto caso.
E quello che scriveva un tweet buttato sulla macchina parcheggiata? Non l’avete visto? Ho letto solo che usava l’hashtag #Sabato quindi o parlava della sua serata, o della nuova canzone di Jovanotti.
Dovete star attenti ai particolari, ma non perché lo dico io, o perché vi fa brillanti, ma soltanto perché i particolari fanno parte dei luoghi comuni che vi piacciono tanto, e a volte li trasformano in luoghi un po’ meno comuni. Diciamo fuori dal comune, un po’ come il nostro caro Sindaco.

Comunque continuando la serata, perché ovviamente non era assolutamente terminata dopo il tweet riassuntivo o il sesto bottone sbottonato, allontanandomi dal fulcro della febbre del sabato sera, dove anche se entri sano, esci malato, mi ritrovo in un ring. Un vero e proprio ring di kickbox.
Al bar una coppia, seduta al tavolo (ancora per poco) discuteva, non animatamente (ancora per poco).
Io passo in fretta, saluto due persone al volo, sto volando, dopo mezzanotte e mezza volo, prima con la testa, e poi con le ali sulle scarpe, come Ermes.
Io infilo il cappuccio, passo svelto.
Lei si alza dal tavolo, infila il giubbino, e scaraventa il bicchiere verso di lui, il tutto accompagnato da un bel “Vaffanculo”. Scavalca le fioriere del bar, e se ne va, lasciandolo seduto al bar, come un imbecille, e tutte le persone intorno che gli gridano “Auguri!” senza un motivo apparente.
Non nascondo il sorriso che ho fatto.

Come hai potuto tradirmi? - Ma hai le calze smagliate!

Come hai potuto tradirmi?
– Ma hai le calze smagliate!

Non so come sia andato a finire il sabato sera, né per lui, né per lei, né per il barista che ha dovuto raccogliere il bicchiere rotto. Né per te che ora mi stai leggendo e forse mi credi un cretino, che forse s’inventa tutto, o forse non s’inventa niente.
O forse scrive senza dare un senso scontato a ciò che dice. Devi leggermi tra le righe.
E morale della favola, come sempre non c’è, ma prendo l’agendina, rivivo la scena e scrivo:

“stasera ci saranno persone che andranno a letto con qualcuno,
altre senza qualcuno,
altre ancora saranno quel qualcuno;
spero solo che non abbiano le calze smagliate”.

@Pierframes

Buena suerte UBiK! Ma visto che ci siamo, ne approfittiamo.

Allora Ubik,
ti stiamo scrivendo una lettera di saluti. Sappiamo che non stai morendo, anzi non lo sappiamo che non stai morendo dato che devi partire in aereo, ma comunque l’aereo è più sicuro della vecchia Renault Clio su cui ci imbarcavamo (con tanto di vaschetta Sammontana svuota-abitacolo per le pozzanghere interne) verso improbabili e sperdute feste e festini anche di mercoledì sera, cosa che alla madre del sottoscritto allora sedicenne non faceva piacere. “Eh mamma: stavo con V******!”

 Ti dobbiamo scrivere una lettera per il fatto che parti, ce lo obbliga il nostro stomaco, ma con i saluti non siamo bravi. Pensandoci, una lettera di saluti è inutile dal momento in cui resteremo in contatto via whatsapp, continuerai a pubblicare articoli anche da dove sarai, non stai ancora morendo e tra sei mesi sarai di nuovo qua, per tua (s)fortuna. Magari potremmo salutarti per far credere a chi legge che stai andando a fare il volontario in Nigeria per difendere le genti da Boko Haram, ma sarebbe poco credibile perché in Nigeria non prende il 3G e non sappiamo realmente quanto ti interessi salvare i bimbi nigeriani (razzista di merda!).

Per questo motivo vorremmo lasciarti una lista di cose che troverai diverse quando sarai tornato dall’esilio a cui ti hanno condannato per vilipendio al Comune per il tuo articolo contro la vittoria di Rocco Hunt a Sanremo  (anche questa come storia sarebbe forte!).

1- Al Bogart, al Vittoria e al Prince sarà legalizzata la vendita di Rufis per poter permettere alle ragazzine di prostituirsi senza avere sensi di colpa e per i maschi ci sarà un’iva sul biglietto sullo sperma che verseranno (qualora avessero raggiunto almeno la pubertà) nei bagni del locale stesso per prevenire lo spreco di risorse umane.

2- Per risolvere il problema del trasporto pubblico, Pontecagnano verrà dotata di un’università che sarà costruita come la facoltà di Fisciano ma in miniatura e sarà finanziata dallo spaccio di hashish di piazza.

2bis– Pontecagnano sul mercato dell’hashish entrerà in guerra con i marocchini ma con un paio di sparatorie e accoltellamenti,  si aggiudicherà il primato sullo spaccio, sulla distribuzione mondiale e sulla produzione perché “nuj simm’ ‘cchiù malament” (dichiarazione del nuovo sindaco di Pontecagnano Mario Sparammocc, più volte accusato di associazione a delinq- no questo non lo posso dire…)

3- Il sindaco Vincenzo De Luca sarà fuggito nell’entroterra napoletano per riunire i discendenti delle antiche aristocrazie del Regno delle Due Sicilie e convincerle ad una secessione per rifondare una monarchia con a capo se stesso. Il suo primo progetto sarà fare in modo che Napoli abbia la forma circolare e la circumvesuviana sia perfettamente un cerchio. Il suo sogno è che dal Vesuvio escano zampilli d’acqua contornati da lucine, per un vulcano straordinario!. Dopodiché riprendere il progetto squadrista per epurare il suo nuovo Regno dai perizomi e dai cafoni.

4- Alle dimissioni di De Luca le elezioni vedrebbero la candidatura del Partito della Zallawallera di Mario Carità e Antonio Sacchetto, meglio conosciuti sul panorama musicale come Morfuco MC e Tonico70. Essi perderanno le elezioni contro la Sesto Senso che per prima cosa darà una festa dentro al comune con dress code: Cravatta, ventiquattrore e tailleur (omaggio assessori, segretarie e amici di amici della Terra di Mezzo). Il passo successivo, sarà quello di dare il voto a tutti gli under 18 e toglierlo a tutti gli over 20, dato che il futuro della società è dei giovani e loro devono cambiarla, ma non possono cambiarla senza divertirsi. Le leggi vanno stappate insieme! (citazione del documento d’intenti del partito scritto sotto la locandina di una serata di Carnevale).

5 – Per risolvere il problema del parcheggio, Salerno sarà rialzata di un paio di metri per potervi costruire un enorme parcheggio sotterraneo che percorra tutta la città (per citta si intende solo il centro).

5bis– La Zona Orientale, dopo un referendum popolare portato avanti dagli adolescenti gangstarapper della zona e firmato dai genitori (sono tutti minorenni), diventerà un ghetto in cui sarà autorizzato l’uso delle armi a pallini e il furto di motorini di cilindrata 50cc. Gli adolescenti, tuttavia, non riusciranno a fare della piazzetta BlockBuster una zona ad alto rischio di criminalità perché il pomeriggio avranno il doposcuola e alcuni di loro, secondo indiscrezioni, anche il catechismo. Non posso fare nomi per la mia sicurezza (abbiamo un motorino 50 e abbiamo paura dei gruppetti di quattordicenni coi cappellini che fanno brutto su youtube).

6- Le scale antincendio del Severi riceveranno uno Statuto Speciale dalla Regione Campania e diventeranno una vera e propria piazza di spaccio (con merci di prima qualità importate da Pontecagnano) e di prostituzione, per la posizione strategica all’interno del ghetto Z.O.

7- I licei De Sanctis e Tasso saranno dotati di uno speciale sistema di vigilanza e controllo davanti alle scuole. All’entrata verrà controllato lo zaino di ogni studente per assicurarsi che non contenga armi, la marca del suo giubotto e dei suoi pantaloni e che abbia almeno cinquanta euro nel portafogli, il tutto per evitare l’intrusione di esterni.

8- Nelle scuole verranno inserite nell’orario curriculare due ore settimanali in cui si insegnerà agli studenti come poter trovare un’alternativa al farsi una cultura e lavorare. Le indiscrezioni dicono che i primi corsi di aggiornamento per gli insegnanti che insegneranno questa materia prevedono l’utilizzo di youtube per diventarne fenomeni da baraccone, come diventare rapper in 10 semplici passi (il primo è comprare un cappellino) e la sintassi comunicativa analizzata sociologicamente di Ask.

9- No basta, abbiamo fatto i satirici fin troppo, per sicurezza abbiamo chiuso la cameretta a chiave. Non sia mai che qualche Jihadista abbia googlato “squeto.wordpress.com”  invece di cercare “Allah Akbar” e abbia letto tutto. Abbiamo anche comprato un sacco di penne Staedtler rosse cariche, ma dubitiamo ancora della loro efficienza e della loro ferocia contro un ipotetico kalashnikov.

defilippi_piangeE dunque, nostro caro UBiKiello, ritornando a te, sei arrivato a destinazione?
Ricorda che, chi il disagio se lo porta dentro, vive meglio. Buon viaggio, salutaci i bambini nigeriani, e Rocco Hunt. Oltre a noi due poveri scemi, ci sono altre persone che hanno voluto spendere
(ovviamente metaforicamente) due paroline per te:

Tuo fratello: ”E’ nu scem, ma ij ‘o vogl tropp bbbben, se per voi va bene, io vorrei organizzare un flashmob per lui, e dedicargli un po’ di freestyle insieme a mio fratello Samael all’Arbostella”– continuando –“Tutto l’istituto alberghiero di Salerno è con lui”

L’alberghiero: “In realtà non l’abbiamo mai visto, era rappresentante del Severi, mica nostro? ‘A nuje che ce n’ fott’”

Il Sindaco Vincenzo De Luca: “Un cafone coi fiocchi, e quel piercing che aveva sul sopracciglio, ma voi l’avete visto? E’ sicuramente stato lui ad imbrattare Salerno” –continuando- “Dopo tutti gli articoli che ha fatto contro Salierne, è come un figlio pe’ mme

Grazie a te, di nuovo. Buon viaggio, ancora.

                                                                          @ Kage  &  @ Pierframes

La mia ragazza è andata a China Town.

Ieri non so come, non so nemmeno fino in fondo il perché, ma ero al Bar Buco. Non ero solo, anzi, sono arrivato in ritardo, erano quasi tutti lì, e i loro caffè erano già tutti finiti. Le tazzine erano sporche e la conversazione aveva già ingranato la seconda: però avevo capito subito che era tutto iniziato da poco, nessuno aveva un volto serio. Lo so, io non ho amici seri, ma quando sono arrivato io, nessuno di loro aveva la faccia da “riunione”. Qual è la faccia da riunione? Assonnata, ma con gli occhi energici, con le scocche e le orecchie rosse. Per fortuna non ero l’ultimo, dopo di me ne sono arrivati altri due. Ero il terzultimo, niente male direi. Considerando che agli appuntamenti o arrivo mezz’ora prima o ventiquattr’ore dopo, azzarderei dire che ieri è stato uno dei migliori tempi della stagione.
Quale stagione? Me lo chiedo anch’io. Mi hanno annoiato tutti con la storia “non esistono più le mezze stagioni!”, perché è una scusa per trovarne altre mille. Mi piace pensare che è la stagione della rivoluzione, ma questo riguarda il background: è sempre la stagione adatta alla rivoluzione. Non so se posso chiamarla ancora autunno o già inverno, o forse estate fredda, oppure falsa primavera.
Le persone sono incappucciate, e corrono, corrono tanto anche fuori dal percorso a volte. Vanno, corrono verso le luci, le luminarie, le sciccherie, i regali, i parcheggi, i semafori, le bancarelle. Fa troppo freddo fuori per essere così caldi.
Ritornando a ieri, nella sala interna del bar, c’era una fila che non finiva per arrivare al bagno. Una di quelle file che, una volta terminata, si resetta, e ricomincia. In loop. Se il nostro caro “chef” del comune quando parla di commercio o di affluenza, si riferisce a questa, allora io gli do ragione. Perché in effetti, come dargli torto? Le luci hanno portato così tanta gente in quel bagno, che manco nei bagni dei licei di Salerno. Guardate un po’ che dice, è commosso:

del resto, come dice lui: "il disagio fa parte delle cose"

del resto, come dice lui:                                           “il disagio fa parte delle cose”

Io, fossi in lui, ringrazierei anche i proprietari del Bar, per aver evitato una cistite o un blocco renale a tutta la fila infinita di persone. Che eroi! Che eroe!
Salerno a me fa ridere, di gusto, perché il cittadino medio della nostra città, non è sotto l’albero a Portanova, non è sul lungomare con i pinguini, non è sul corso per sentirsi in Finlandia, con l’aurora boreale. E’ barricato in casa, oppure, purtroppo, scende per abbracciare le sue care amiche di vecchiaia, le slot machines.
Ieri, ritornando sempre allo stesso discorso, avevo dimenticato un particolare importante, oltre al fatto che eravamo seri, e che la gente che visita la nostra città fa molta pipì. C’era un signore di spalle, nell’angolo della sala interna, che origliava la nostra riunione e sorrideva perfino quando qualcuno di noi si tuffava nel discorso con qualcosa di divertente, e nel frattempo le sue dita non smettevano di pigiare, tic, tic tic, tic, e le sue tasche diventavano sempre più vuote, più leggere. Tic, tic, tic, e intanto è passata una serata. L’ennesima serata a China Town.
Perché dico così? Perché ieri, mentre succedevano tutte queste cose, la mia ragazza era con una sua amica irlandese a visitare la città nella città. Era a Milano a visitare China Town, e mi ha mandato la foto delle luminarie. Io pensavo fosse accanto a me, a Salerno.
E pensare che la nostra città illumini solo un campo di visibilità ridotto fa tristezza, e non fa per niente ridere di gusto.
E intanto tic, tic, tic, tic. Ed è passato un altro natale, in rosso, come i nostri conti, al verde, come noi.

@ Pierframes

Oggi ho conosciuto Phil.

Oggi ho conosciuto Phil. E’ la voce, ma anche la chitarra e il basso se serve, di una band emergente americana. Lui, con suo cugino, per quanto la mia capacità intuitiva inglese mi abbia potuto aiutare, ha fondato questa band, che porta proprio il nome della loro “stirpe”. (The Sharrows si chiamano)
Abita ad una distanza moderata da Chicago.
Phil è biondo, e oggi aveva una camicia verde militare. E’ molto magro, e sembra molto più inglese piuttosto che americano.
Oggi ho conosciuto Phil. E’ entrato in classe, quasi spaventato, forse dalla nostra reazione, con il professore di inglese. Si è presentato in modo molto freddo e poco americano. Aveva con sé uno strumento musicale; non ne capisco molto di tecnica musicale, ma muoveva bene le dita in relazione alle corde. Lui suonava e noi gli davamo corda.
Scusatemela, ma se non scrivo una cazzata non mi sento io.
Phil viaggia ha detto, viaggia un sacco, ed è fidanzato con una donna che insegna al Liceo Musicale, affiliato al mio liceo. Credo sia abbastanza dura la relazione a distanza, soprattutto quando oltre ad essere il cuore quello confuso, è anche l’orario con-fuso.
Il clima, la lingua, la cultura, le pettinature, tutto.
Devo dire la verità, mi hanno sempre fatto divertire gli amori che si sviluppano su paralleli e meridiane diverse. Chissà cosa si dicono, cosa si scrivono, chissà se lei sta male quando lui fa un concerto, e lei non è sotto il palco. Chissà se lui è geloso quando lei fa lezione al liceo, e capita il cretino che fa apprezzamenti sulle sue gambe. Chissà se lo verrà mai a sapere.
E io che credevo fosse venuto per le Luci d’Artista. Magari se lo ritrovo nei corridoi, lo invito a visitare con me il giardino incantato.
Comunque Phil a primo impatto sembrava indifeso. Secondo me è un ventiquattrenne che straripa di cazzimma. Se ve lo presentassi, pensereste lo stesso dopo un’ora di chiacchiere.
Il professore ha introdotto, quasi come non avesse nient’altro da chiedergli, la questione dell’utilizzo del tutto “Free” delle armi in America.
Gli abbiamo anche chiesto se lui ne avesse mai avuto una, quasi sicuri della sua risposta negativa. Invece ha esordito con:
“Yes, I bought one, just for fun with a friend of mine. I shot just once, but I missed”.
Avrà anche mancato il barattolino, o non so a cosa stesse mirando, (forse all’amico) ma Phil mi rimarrà impresso, perché anche se con il silenziatore, sa sparare alla curiosità alle persone.
Oggi ho conosciuto Phil. Phil dal futuro, anzi dal Phuturo.
Pleased to meet you.

@ Pierframes

Differenze.

Claudio è un giovane laureando in Scienze della Comunicazione, vive a Torrione, noto quartiere ormai imborghesito della città di Salerno. Per andare a seguire i corsi si sveglia alle sei e mezza, fa colazione con caffè o tè al limone e brioche, ma non fuma mai una sigaretta prima delle otto. Scende di casa intorno alle sette e un quarto, aspettando che dal salumiere arrivi il tizio del pane col furgoncino. Compra due panini con salame piccante, saluta col sorriso ed entro le sette e trenta giunge alla fermata in piazza. Una linea arriverà verso le sette e quaranta, poi altre due prima delle otto e mezza (non si è ancora capito il perché). Il viaggio non è sempre facilissimo: a volte seduto, a volte in piedi tra ascelle piangenti. Nel giro di mezz’ora Claudio può finalmente mettere piede a terra, appicciarsi la sigaretta e prepararsi a una lunga, lunga giornata.

Stefano invece è uno studente di Economia Aziendale originario di Salerno che vive a Pontecagnano, in particolare nella strada che collega tutto il resto del mondo a Faiano, piccolo paesino collinare. La mattina anche lui si sveglia alle sei e mezza, ma la sua colazione è molto più frenetica: cornetto brioche e bicchiere d’acqua, il caffè lo berrà più tardi. Prima delle sette deve essere sotto casa per fare autostop. Prendere il bus non è proprio l’ideale perché poi perderebbe la coincidenza. Quando riesce in tempo ad arrivare a Sant’Antonio aspetta per circa quaranta minuti, mezz’ora se il sole splende in cielo. Se il treno per Auschwitz il bus non è troppo pieno (questo fattore è a discrezione dell’autista) e si ferma, Stefano è pronto a salire tra le palpatine involontarie mattutine, i culi in faccia e la tosse da tubercolosi di periferia. In ogni caso l’agonia dura solo mezz’ora (qualcuno dice che la dilatazione spazio-temporale in questi casi è al 100%). Finalmente al campus, piedi a terra. È quasi ora di scroccare una sigaretta a qualcuno. E di un caffè.

Entrambi, più o meno fuoricorso, si laureeranno. Entrambi avranno un foglio di carta con un numeretto sopra. Alcuni diranno stupidamente che una laurea è meglio dell’altra. Altri penseranno che in fondo questi ragazzi prendono lauree e fanno gli intellettuali ma non sanno come va davvero la vita, cosa sia davvero il sacrificio. Ma guai a chi osa dire che in fondo sono uguali. Perché non lo sono.

@ UBiK