Credo non sia cosa da tutti essere così a proprio agio e spontanei sul beat da fare in modo che le rime sembrino fare un proprio viaggio di contenuti e incastri: sei in treno, in auto o in autobus ed hai un viaggio fuori dai finestrini, uno sotto il sedere, sui binari o sull’asfalto e uno nell’etere, dove il suono si diffonde tra il vuoto, le orecchie e lo spirito e intanto con quelle parole riesci anche ad immaginarti affrontare ogni situazione che ti possa capitare. Questa sensazione è esattamente quella che ti porta a stare con il prurito alle mani ed a pensare che quell’energia vuoi ti sia trasmessa dal vivo. Devi fare di tutto perché la stessa dopamina che ti fa rilasciare la musica del tuo artista preferito ti venga spacciata a pochi metri di distanza fisica, tra palco e folla, respirando la sua stessa aria intrisa di fumo e sudore.
Allora apri internet, digiti nomi e luoghi sperando che suoni nei prossimi mesi a non più di quattro o cinque ore da casa o perlomeno a non più di una trentina di euro di biglietto. Poi tra i risultati di Google spunta una data, la imprimi fissa nel cervello, inizi a fare calcoli sul budget che neanche la Legge di Stabilità: gli spostamenti, l’ingresso, il vitto, l’erba, gli imprevisti, va cercata la compagnia giusta, in quel periodo hai esami/matrimoni/comunioni/competizioni/impegni vari- Oh, cazzo! Ti rendi conto che questa volta sei tua madre nel ’94 con i Nirvana di Cobain, lo zio nel ’70 con Hendrix o la compagna di classe nel 2009 con Michael Jackson…
Pochi giorni fa, esattamente nella notte tra l’ultimo dell’anno del duemilaquindici e il primo dell’anno seguente, Primo Brown si è spento in ospedale, sconfitto dalla malattia con cui combatteva già da un anno. Lo aveva colpito poco dopo l’uscita del suo album in collaborazione con Yoshi aka Tormento, El Micro De Oro costringendolo a lasciare il tour e la scena.
Ci ho messo più di ventiquattro ore a realizzare che David non fosse più su questo pianeta. Guardo a ripetizione i suoi video, pensando tra una rima e l’altra che non lo incontrerò mai e che ora questa persona non scrive più Mine su questo piano dell’esistenza…
È come quando sentì parlare in un film qualcuno che sai passato a miglior vita, quindi sai che tutto ciò che quella persona lascia sono quelle parole, quelle immagini di se, le emozioni che fa fluire attraverso te. La differenza è che l’energia che scorre in una canzone, tra kick, bassi e versi, non ha paragoni.
Ascoltare Primo oggi, una manciata di giorno dopo la sua dipartita ha un valore più trascendentale: è sentire la stessa energia che ti fa vibrare lo stomaco, quando quell’incastro o quella rima riescono a raccontare le mille storie che hai dentro ma con l’aggiunta di una sorta di brivido capace farti sentire la voce come parlasse da un altro piano astrale.
Credo sia l’esatto momento in cui un artista comincia a vivere nelle vibrazioni dei suoi suoni, quindi assorbendo e riproducendo vita attraverso le anime di chi lo ascolta.
L’odio per ferragosto diventa eco immortale, il ‘mestiere qualunque dettato dal destino’ diventa storia sempre presente, quel suono sempre grezzo diviene il tempio in cui Primo Brown continua a battere sul tempo in eterno, dove ognuno può andare per cercare consolazione, parlando con lui, con le sue parole, nelle sue strofe.
No, con la morte non si scherza diceva lui. Che senso ha tutto se la vita è giostrarsi in un eterno Carnevale di Venezia, in cui farsi il culo per una vita e dare 5000 euro al cimitero? Per cosa poi?Per trovarsi a lottare “Cor veleno ‘ncorpo” fino all ultimo respiro, a sputare in faccia ai parassiti, quelli che cercano di insinuarti l’ansia e l’incertezza quando cerchi di tirare fuori l’estro per dare al tuo tempo su questa palla di terra un senso: fare la propria arte.
Alla fine fino a ieri a chiunque stesse nell’hip hop bastava una rima o una jam; ora tocca andare in Major e farli anche a pezzi quelli che hanno ucciso il rap sulla neve, gli “Alberto Tomba”… Ma tanto, qua cantano tutti…
Alla fine ognuno nel proprio ha trovato con Primo Brown quel momento di sfogo in cui un ‘vaffanculo’ o un ‘porcoddio’ assumevano una carica di sfogo ed erano insostituibili anche musicalmente parlando.
Ora che sei dove sei, vedremo crescere le piante, rifare l’asfalto sotto casa. Ci romperemo la testa quando l’alzeremo, cercando i fiori del cielo di cui avevi buttato i semi, o magari leggeremo nelle nuvole i segnali di fumo che ci mandi. Continueremo ad andare avanti, a mantenere il punto sulle cose vere, a concederci qualche giorno per stare un po’ cronici e ci ricorderemo sempre che nella vita ci sono i figli delle banconote clonate che ci mettono sassi sulle rotaie, che ci vogliono sistemare con una cagna e un funerale, lì allora penseremo che bisogna continuare a “spigne” perché con tutta sta scena, non tutti so d’accordo, vaffanculo!
Ti scrivo queste parole con una tristezza ed un nervosismo da fase premestruale e tutti da quaggiù ti dedichiamo il nostro “ciao”, noi che stiamo bene ad ascoltarti con le casse alte.
Ciao, David.
Ciao, Leggenda.
“Non vive ei forse anche sotterra, quando
gli sarà muta l’armonia del giorno,
se può destarla con soavi cure
nella mente de’ suoi? Celeste è questa
corrispondenza d’amorosi sensi,
celeste dote è negli umani; e spesso
per lei si vive con l’amico estinto
e l’estinto con noi [..] ne suoi versi.”
Ugo Foscolo- Dei Sepolcri.
PS: in questo articolo i fan riconosceranno continue citazioni dei pezzi di Primo e dei Corveleno, gli altri se le vadano un po’ a cercare.
@ Kage